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Il mais (Zea mays L.) appartiene alla famiglia delle Graminae genere Zea specie mays che annovera al suo interno diverse sottospecie tra cui la ssp. mays.
Dal punto di vista evolutivo, il mais, è il frutto di un processo di selezione iniziato più di settemila anni fa nella zona dell'America Centrale. Risale infatti a quel periodo, il ritrovamento più antico di cui si ha notizia, scoperto presso la valle di Tehuacàn in Mexico (Galinat W., 1979).
Anche se in passato l'origine di tale specie è stata un argomento assai dibattuto, numerose prove sembrano indicare che l'evoluzione del mais sia iniziata da un progenitore tuttora presente in America centrale, il teosinte (Zea mays ssp. parviglumis o ssp. mexicana) (Wang et al., 1999).
Per quanto riguarda il ruolo giocato dall'uomo nel processo generale di trasformazione, il fatto che il mais "moderno" non sia in grado di riprodursi efficacemente ed autonomamente in natura a causa delle brattee che avvolgono la spiga, dimostra come sin dall'inizio, l'intervento umano sia stato fondamentale nel processo evolutivo del mais.
Il mais, nel corso dei secoli ha via via acquistato una importanza sempre maggiore, diventando una delle principali fonti di sostentamento delle popolazioni del Centro e Sud America.
Con la scoperta dell'America e con i viaggi di Colombo e dei successivi navigatori, arrivarono in Europa diverse popolazioni di mais, scelte tra quelle disponibili lungo le zone costiere e che meglio si conservavano durante il lungo viaggio.
Anche se probabilmente ben pochi dei caratteri presenti nelle popolazioni arrivate inizialmente nel vecchio mondo sono riscontrabili in quelle dei giorni nostri, è probabile che per la coltivazione nel vecchio continente siano state preferite le popolazioni a ciclo breve per la loro minore sensibilità all'effetto del fotoperiodo e per la necessità di avere granella con bassa umidità alla raccolta, per una buona conservabilità del prodotto durante l'inverno (Brandolini, 1979).
Dalla Spagna, il mais arriva in Italia e nel Veneto, grazie probabilmente ai fiorenti scambi commerciali che transitavano a Venezia.
Le prime notizie del mais nel Veneto tratte dal Messedaglia ed attribuite al Ramusio parlano di coltivazioni nel Polesine e a Villa Bona, ora Villa d'Adige, attorno alla metà del 1500, anche se le prime coltivazioni di una certa importanza, arriveranno solo verso la fine del secolo XVI^ per poi espandersi nel secolo XVII^.
Ricordiamo come per molti anni si sia discusso sui tempi e sulle modalità di introduzione del mais in Europa ed in particolare sul suo arrivo, attraverso l'oriente, anteriormente alla scoperta dell'America. A favore di tale ipotesi alcuni ricordano come il nome volgare "granoturco", attribuito al mais in molte zone in Italia, richiami origini legate a paesi orientali.
Molti autori tra cui citiamo solamente il Messedaglia (Messedaglia, 1927) eliminano completamente questo equivoco ricordando come a quel tempo l'aggiunta del suffisso turco avvenisse per qualsiasi specie "straniera" o di origine sconosciuta.
Inoltre, a riguardo della presenza del mais prima della scoperta dell'America in oriente, De Candolle (De Candolle, 1883) ricorda come: ...le Mais n'était pas de l'ancien monde. Il s'y est rèpandu rapidement après la découvert del l'Amérique, et cette rapidité meme achève de prouver que, s'il avait existé quelche part, en Asie ou Afrique, il y arait joué depuis des milliers d'années un role très important".
A partire quindi dalla metà del 1500, il mais seppure inizialmente con qualche difficoltà e diffidenza e grazie anche all'arrivo di popolazioni dalle vallate e dai pendii andini e dagli altopiani messicani (Brandolini, 1970), arriva a essere largamente coltivato grazie alla maggiore produttività rispetto agli altri cereali. Si afferma infatti come cibo delle classi più povere, sostituendo in particolare il sorgo, il miglio, la segale ed il grano saraceno.
Come accennato precedentemente, la necessità di conservare il prodotto in regioni ad autunno ed inverno freddi ed umidi negli anni ha favorito l'ibridazione in via preferenziale tra popolazioni precoci, a granella vitrea ed in misura minore con varietà con granella di consistenza farinosa di più difficile conservazione. Questo ha determinato la presenza in Italia di un gran numero di popolazioni locali a consistenza vitrea o semivitrea (gruppi everta ed indurata1), Brandolini, 1979).
Esistono inoltre aree, in particolare nella parte orientale del Veneto ed in Friuli Venezia Giulia, dove si è verificata una diffusione prevalente delle varietà a granella bianca, utilizzate anche per sostituire parte della più costosa farina di frumento.
Al riguardo E. Azimonti (Azimonti, 1902) alla domanda "Varietà bianche o varietà giallo - rosse?" risponde parlando delle varietà a granella gialla: "Queste danno granella migliore e di esse alcune sono assai ricercate sul mercato perchè se ne fanno farine gialle di lusso. Vero è che, a questo riguardo, in alcune regioni e in alcune piazze, le cose si sono mutate e si pagano di più i mais bianchi dei mais gialli. Ma ciò è frutto dell'ingorda speculazione, la quale si serve del mais bianco per sofisticare le farine di frumento. Questa frode dovrebbe essere sorvegliata e punita severamente e allora il mercato non pagherebbe di più il mais bianco".
Probabilmente sono altre le motivazioni della diffusione delle varietà a granella bianca nel Veneto orientale e legate a fenomeni di adattamento alle condizioni pedoclimatiche della zona e a volte alla loro maggiore produttività rispetto ai mais gialli, nonchè a consuetudini alimentari.
Nonostante i molti studi di carattere storico condotti sulla introduzione e diffusione del mais in Italia, relativamente scarse sono le notizie riguardanti le diverse varietà di mais ad impollinazione libera, coltivate in passato nel Veneto. Cercheremo quindi di riportare, in ordine cronologico, alcune notizie e studi condotti a tale riguardo, a partire dalla fine del secolo XVIII.
G. Harasti di Buda nel 1788 a Vicenza pubblica probabilmente uno dei primi trattati interamente dedicati al mais, in cui riporta la seguente classificazione in base al ciclo produttivo del "...Formentone: Sorgo-turco grosso, ostanello cioè agostano e quarantino, detto di steola, di stubia o cinquantino".
Se il primo è a ciclo più lungo, il secondo dovrebbe maturare per lo più nel mese di agosto mentre il quarantino "..matura prestissimo, perché è più piccolo di fusto, di spiga e di grano". Lo stesso autore riporta inoltre alcune informazioni relative alla colorazione della cariosside di varietà presenti a quel tempo probabilmente nel Veneto, citando mais di colore rosso, di azzurro cangiante in violaceo, di giallo, di biancastro, di marmorato con striscie rosse e bianche, non molto dissimili dalle colorazioni che possiamo trovare ancor oggi in alcune varietà di mais diffuse in America centrale e meridionale ed anche nei nostri areali.
Nel 1937 lo Zapparoli (Zapparoli, 1937) riprendendo le classificazioni utilizzate fino a quel momento, propone a livello empirico ed estremamente pratico, la suddivisione delle diverse varietà di mais in granoturchi da primo raccolto e da secondo raccolto. Pur non essendo una suddivisione ottimale sotto il profilo tecnico - scientifico è però quella più conosciuta e diffusa in passato e per questo motivo viene qui riportata.
Granoturchi da primo raccolto:
- Maggenghi, così chiamati perchè dovrebbero essere seminati entro maggio; sono i piu' tardivi e sviluppati. Le varietà appartenenti a questo gruppo sono ad esempio, il Giallone friulano, i dentati tardivi del basso Friuli e dell'estuario Veneto come il Caragua, tra i bianchi e il Centogiorni, tra i gialli. Fra i maggenghi lo Zapparoli annovera anche i più precoci e vitrei pignoli o scaglioli con grano lungo e appiattito e corona tonda ed elevato numero di ranghi, tra cui lo Scagliolo 23A selezionato dalla stazione di Maiscoltura di Bergamo o i rostrati bianchi come il Rostrato bianco del Veneto e del basso Friuli.- Agostani, che dovrebbero maturare entro agosto, meno alti e più precoci dei maggenghi con spighe con un minor numero di ranghi. A questo gruppo sono da inserire il Nostrano dell'Isola una delle varietà più diffuse nel bergamasco, il Rosso di Mogliano Veneto, le Righette del Veneto sia gialle che bianche con spiga lunga, cilindrica e con 10 - 14 ranghi o il Pignoletto d'oro della zona pedemontana veronese e vicentina. A questo gruppo appartengono anche i mais bianchi Perla o Biancoperla e il Bianco di Piave.
- Agostanelli, agostani più precoci a cui appartiene il Marano vicentino, di cui parleremo ampiamente in seguito (figura 3).
- Cinquantini da primo raccolto, come il Cinquantino cremonese, l'Ottofile delle Langhe; a questo gruppo lo Zapparoli unisce anche i "nani precoci" come il Nano precoce Succi.
Granoturchi da secondo raccolto:
- Bragantini considerati da secondo raccolto anche se utilizzati per semine tardive, costituiscono un gruppo intermedio fra i granoturchi primaverili e gli estivi. Nel Veneto sono diffusi in particolare nella parte nord orientale della regione.
- Cinquantini e quarantini, di difficile separazione; in linea di massima i granoturchi di secondo raccolto sono detti cinquantini nel Veneto e quarantini in Lombardia. Tra i cinquantini lo Zapparoli ricorda "quelli pregiatissimi compresi tra Vicenza, Treviso e Padova, fra cui eccellono il Cinquantino di Castelfranco Veneto, il Bergamaschetto precoce e il Sesarale di Vicenza, il Brachetto dell'estuario Veneto ed altri ancora" fra i quarantini quelli della bassa Lombardia irrigua e il Quarantino di Alessandria.
- Granoturchi primaverili dell'Italia centro - meridionale, generalmente varietà di ciclo breve e bassa statura
Maliani nel 1946 in "Studio comparativo sui Granoturchi coltivati nelle Venezie nel 1942" in base ad uno studio indirizzato "... a mettere un po' d'ordine ed a chiarire le idee sulle numerose varietà coltivate", elenca le principali varietà presenti nelle Venezie riportandone, dopo l'eliminazione delle varietà con caratteristiche similari, n. 94 di cui n. 71 "colorati" e n. 23 "bianchi".
A partire dall'immediato dopoguerra iniziano a diffondersi i primi ibridi di mais grazie anche all'opera della Stazione Sperimentale di Maiscoltura di Bergamo.
Per comprendere l'origine dei moderni ibridi di mais "dentati" e le ragioni della loro superiorità, rispetto alle varietà ad impollinazione libera, dobbiamo ritornare alle ricerche condotte nei primi anni del 1900 negli Usa e all'introduzione dei mais dentati, ottenuti attraverso l'incrocio tra varietà a granella vitrea del nord (Northern Flint, Figura 4) e varietà farinose ed estremamente dentate del sud (Southern Gourdseed, Figura 5).
Se fino all'inizio del 1800 i Northern flint erano ancora estremamente diffusi nelle aree del Corn Belt come l'Illinois, a partire da circa la metà del 1800 inizia l'epoca del mais dentato, più produttivo rispetto alle varietà che lo hanno preceduto. Dal frutto di questi incroci e dalle successive selezioni si sono ottenute le varietà Reid Yellow Dent, la Krug Yellow Dent e la Lancaster Sure Crop da cui sono state selezionate le più importanti linee pure di mais per l'ottenimento di ibridi.
Anche se precedentemente era stato notato un effetto positivo sulle rese dovuto all'incrocio effettuato tra individui della stessa specie ma con caratteristiche diverse, è solo con il lavoro di Shull ed East che si ha il collegamento tra la depressione dovuta all'autofecondazione e il vigore dell'ibrido prodotto dall'incrocio delle piante autofecondate (Shull, 1911).
Inizialmente gli ibridi commerciali furono costituiti attraverso l'incrocio di due ibridi semplici, ottenuti utilizzando complessivamente quattro linee pure; questo per ovviare alla scarsa produzione di seme che si otteneva dalle linee porta seme e che non ne rendeva economicamente vantaggiosa la produzione commerciale. Successivamente, si è avuto lo sviluppo di ibridi a tre vie e oggi praticamente tutti gli ibridi in commercio sono a due vie o semplici, ottenuti attraverso due linee pure incrociate tra loro.
L'introduzione dei mais ibridi e il miglioramento delle tecniche agronomiche come la concimazione azotata ed il diserbo verificatesi nell'immediato dopoguerra hanno reso possibile anche in Italia il progressivo e continuo aumento delle rese nazionali, passate dai 1,8 t ha-1 del 1948 ai 9,6 t ha-1 del 2000 (ISTAT, 2000).
Queste accresciute potenzialità produttive hanno di fatto determinato una rapida sostituzione delle vecchie varietà coltivate, con ibridi dalle più elevate produttività e superiori caratteristiche agronomiche, quali la resistenza all'allettamento o la maggiore tolleranza a stress diversi come ad esempio un investimento più elevato. Proprio l'aumento del numero di piante per m2, reso possibile anche grazie a modificazioni morfologiche della struttura della pianta, come ad esempio il carattere "foglie erette" sembra sia una delle chiavi per comprendere l'enorme aumento di produttività degli ibridi di mais rispetto alle varietà ad impollinazione libera. A titolo di esempio, negli anni quaranta gli investimenti consigliati per le principali varietà erano molo bassi; per il Biancoperla venivano consigliati investimenti non superiori a 3 piante m-2, per il Nostrano dell'Isola, 3,5 piante m-2, mentre per il Marano si consigliavano fino a 5 piante m-2. Investimenti quindi molto minori rispetto a quelli oggi adottati per i moderni ibridi di mais che normalmente variano tra le 6,0 e 7,5 piante m-2 a seconda delle classi di maturità.
Probabilmente lo stesso Marano Vicentino deve proprio alla capacità di sopportare investimenti più elevati e alla sua prolificità (presenza quindi di più spighe produttive sulla stessa pianta), la buona produttività ed il buon adattamento a molteplici situazioni.
L'introduzione degli ibridi in Italia non è stata esente da diffidenza, soprattutto nelle zone in cui predominavano le varietà vitree come il Marano Vicentino. Infatti, i primi ibridi distribuiti in Italia erano profondamente dentati ed erano poco accettati per l'alimentazione umana, che negli anni del primo dopoguerra, costituiva più del 50 % della destinazione del mais. Grande fu lo sforzo per creare ibridi partendo da materiale vitreo italiano, dall'Italo 225 e 270 realizzati dall'Istituto "N. Strampelli" di Lonigo (Figura 6) (Trentin, 1963), all'Ibrido Insubria 2201 (Figura 7) della Stazione Sperimentale di Maiscoltura di Bergamo.
L'Insubria 2201 (Lo3xLo32) x (Lo58xLo38) è probabilmente il primo ibrido completamente europeo ad essere commercializzato. L'anno è il 1949, le linee derivano dal Nostrano dell'Isola (Lo3, Lo32), dal Marano (Lo58) e dallo Scagliolo (Lo38); era un ibrido a quattro vie in cui le linee derivanti dal Nostrano dell'Isola fungevano da portaseme. Alcune delle linee utilizzate per creare questi ibridi sono tuttora utilizzate in programmi di miglioramento genetico, per la produzione di ibridi vitrei a ciclo precoce.
Tratto da Cereali del Veneto: le varietà di frumento tenero e mais della tradizione veneta. M. Bressan, L. Magliaretta, S. Pino, 2004
1) Tra le suddivisioni a carattere scientifico proposte per la classificazione del mais ricordiamo quella proposta dalla Sturtevant che ha suddiviso le varietà da lui raccolte, in diversi gruppi o sottospecie in base al tipo di endosperma presente nella cariossside. Essi sono:
Ciascuno di questi gruppi e' stato poi diviso in sottogruppi, caratterizzati dalla forma delle cariossidi (macrosperma, microsperma, ellittica, isodiametrica etc.). Tale suddivisione, che si riporta per ragioni storiche, è stata proposta nel 1899 ed è stata usata per molti anni in quanto estremamente utile da punto di vista commerciale e facile da utilizzare, anche da persone con scarse conoscenze botaniche (Mangeldorsf P., 1974).
AZIMONTI E., Il mais o grano Turco o formentone o granone o melgone o Melica o melicotto o carlone o polenta, ecc. : Norme per una buona coltivazione, 1902.
BRANDOLINI A., Razze europee di mais, Maydica XV, 5 - 27 1970.
BRANDOLINI A., Contributo allo studio delle varietà italiane di mais: Il granoturco Rostrato. Stazione sperimentale di maiscoltura - Bergamo, 1953.
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DE CANDOLLE A., L'Origines des plantes cùltivées, 1883.
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