Biodiversità del Veneto

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Il pero

Pyrus communis L.
Fam. Rosaceae

Giovanni Bellini: Madonna Morelli, 1485 ca. La pera, spesso raffigurata in questo genere di Sacra Conversazione, allude alla dolcezza del rapporto tra Madre e Figlio.
Figura 1: Giovanni Bellini: Madonna Morelli, 1485 ca. La pera, spesso raffigurata in questo genere di Sacra Conversazione, allude alla dolcezza del rapporto tra Madre e Figlio.

CARATTERI BOTANICI

Il pero domestico(Pyrus communis L.) non sembra esistere in natura, ma solo come pianta coltivata. Anche la sua origine non è del tutto nota, ma può venire localizzata con una certa sicurezza nella regione compresa tra l'Anatolia, il Caucaso, la Transcaucasia e l'Asia centrale.
Completamente interfertile con il perastro (Pyrus pyraster Borkh.), il pero comune ha nel proprio pool genico influenze più o meno marcate di numerose altre specie, tra cui probabilmente P. eleagrifolia Pallas, originario della Turchia e delle regioni costiere europee del Mar Nero (Bulgaria, Romania, Crimea e Russia meridionale), P. spinosa Forssk. (regioni mediterranee dell'Europa meridionale), P. nivalis Jacq. delle Alpi occidentali e di altre regioni dell'Europa meridionale e sudorientale (Heywood, Zohary, 1995) e P. syriaca Boiss., dell'Asia occidentale. Tutte queste specie selvatiche sono usate come portainnesto per le varietà coltivate del pero comune, con il quale sono completamente interfertili.
Il genere Pyrus L. comprende un notevole numero di specie che, secondo le interpretazioni degli Autori, variano da un minimo di 25-30 fino a un massimo di 75 e oltre (Erhardt et al., 2002). Sono specie arboree o arbustive, quasi tutte caducifoglie tranne una sempreverde giapponese; hanno rami spesso spinosi, soprattutto da giovani o sulle branche inferiori. Le foglie sono normalmente semplici o raramente lobate, con stipole caduche. I fiori sono grandi, bianchi o raramente rosei, riuniti in corimbi, con stami ad antere rosse o violette e a deiscenza centripeta. Il frutto è in realtà un falso frutto (pomo) la cui parte carnosa deriva dal ricettacolo, non o poco ombelicato alla base e con polpa ricca di cellule pietrose (sclereidi); i carpelli sono 2-5, connati, con pareti cartilaginee.
Le specie sono distribuite in un areale complessivo di tipo paleotemperato, comprendente regioni dell'Asia, dell'Africa e dell'Europa. Gli habitat naturali sono solitamente rappresentati da pendii rupestri, boschi radi e sponde fluviali; molte specie sono quindi preadattate alla vita in ambienti pionieri o comunque disturbati, come quelli legati agli insediamenti umani.

Il principale centro di differenziazione del genere Pyrus è il Caucaso, in particolare la Transcaucasia, dove il processo di speciazione sembra proseguire a tutt'oggi. Le specie ivi presenti sono numerosissime, spesso poco differenziate le une dalle altre e con elevatissima variabilità anche all'interno del singolo taxon. Gabrielian (1991) cita per la sola Armenia Pyrus acutiserrata Gladkova, P. browiczii Mulk., P. caucasica Fedorov, P. complexa Rubtzov, P. daralagezi Mulk., P. elata Rubtzov, P. fedorovi Kuthath., P. hajastana Mulk., P. georgica Kuthath., P. kotschyana Boiss. et Decne, P. medvedevii Rubtzov, P. nutans Robtzov, P. oxyprion Voronov, P. raddeana Voronov, P. salicifolia Pallas, P. sosnovskii Fedorov, P. syriaca Boiss., P. theodorovii Fedorov, P. tamamschianae Fedorov, P. voronovii Rubtzov, P. zangezura Maleev.
I peri selvatici caucasici formano spesso boschetti misti noti localmente come tandzut, la cui biodiversità è assolutamente peculiare. Tutte queste specie sono utilizzate come sicura fonte alimentare dalle popolazioni locali e potrebbero trovare interessanti applicazioni nella creazione di nuove varietà, contribuendo a fornire geni che potenzialmente potrebbero agire sulla resistenza all'aridità e al freddo. Certamente molte di esse sono coinvolte nella genesi di almeno alcune varietà di pero domestico.

La pera Decana d'Inverno, tratta dalla Pomologia di Girolamo Molon (Hoepli, 1901), era spesso coltivata nel Veneto.
Figura 2: La pera Decana d'Inverno, tratta dalla Pomologia di Girolamo Molon (Hoepli, 1901), era spesso coltivata nel Veneto.

Pyrus communis L. Pero comune. Albero alto fino a 20 metri, con rami di solito non spinescenti, ascendenti da giovani e patenti negli esemplari adulti, da giovani tomentosi. Corteccia grigio-nerastra, sfaldata in placche rettangolari. Foglie a lamina ovata o ellittica (3-4 x 4-7 cm), brevemente acuminate all'apice, da crenulato-seghettate lungo tutto il margine a quasi intere, pubescenti da giovani, poi glabre e lucide superiormente; picciolo lungo al massimo come la lamina (3-7 cm). Fiori in corimbi contenenti fino a 9 elementi, con peduncoli lunghi fino a 3 cm, sepali lanceolato-acuminati (3 x 7 mm), petali bianchi, obovato-subrotondi (10-13 mm), glabri, antere rosse e stili lunghi quasi quanto gli stami. Frutto di 5-16 cm, oblungo, piriforme, turbinato o subgloboso, dolce, con calice persistente.
Coltivato e raramente inselvatichito in tutta Italia e in gran parte dell'Europa, escluse le regioni più settentrionali e quelle meridionali più aride.

Pyrus pyraster Borkh. (= Pyrus communis L. var. achras (Gaertner) Wallr.; Pyrus achras Gaertner). Perastro. Albero gracile, alto fino a 20 m, con rami patenti o ascendenti, subspinosi e induriti all'apice. Foglie con lamina ellittica, ovata o cordata (2-5 x 3-7 cm), da cuneata a cordata alla base, acuta o acuminata all'apice, dentellata lungo tutto il margine e glabra a maturità; picciolo 2-7 cm, maggiore o uguale alla lamina. Fiori a 5-9 in cime ombrelliformi; sepali 1-3 x 3-8 mm; petali bianchi, subrotondi (7-15 mm), glabri alla base; stili lunghi quanto gli stami; frutto 1-4 cm di diametro, sferoidale o turbinato, di colore da giallo a bruno a nerastro, con lenticelle evidenti e calice persistente, di sapore astringente ma dolciastro e commestibile dopo maturazione.
E' ampiamente diffuso in Europa meridionale, occidentale e centrale (con l'eccezione delle Isole Britanniche e della Scandinavia), Russia meridionale, Turchia, Caucaso e Iran. E' presente in tutte le regioni italiane, in particolare lungo la penisola. Cresce dal piano basale al piano montano inferiore, nei cespuglieti e nei boschi di latifoglie submediterranei e mediterranei.

Pyrus spinosa Forssk. (= Pyrus amygdaliformis Vill.). Pero mandorlino. Cespuglio o alberello alto fino a 6 m, con rami spinosi all'apice, bianco-tomentosi sui rami giovani, poi glabrescenti. Foglie con lamina da strettamente lanceolata a oblanceolata (1-3 x 3-8 cm), intera, con base arrotondata o cuneata, bianco-tomentose da giovani, poi glabre e papillose; picciolo più breve della lamina (1-2 cm). Fiori in cime ombrelliformi con petali bianchi, ellittici (5-6 x 7-8 cm), leggermente smarginati e pubescenti alla base; sepali triangolari, acuminati. Frutto rotondeggiante di 1-3 cm di diametro, di colore fulvo e sapore acido e astringente, considerato tossico da alcuni Autori (ad es. Ehrardt et al., 2002).
E' pianta stenomediterranea, diffusa lungo tutte le coste settentrionali del bacino fino alla Bulgaria e Turchia. E' presente in Italia meridionale (verso Nord fino alla Liguria e all'Emilia), nelle isole e in Istria. Di indole nettamente xerofila, si adatta a tutti i terreni, compresi quelli argillosi.

La pera Decana d'Inverno, tratta dalla Pomologia di Girolamo Molon (Hoepli, 1901), era spesso coltivata nel Veneto.
Figura 2: La pera Decana d'Inverno, tratta dalla Pomologia di Girolamo Molon (Hoepli, 1901), era spesso coltivata nel Veneto.

Pyrus nivalis Jacq. Pero alpino. Albero alto fino a 15-20 metri, con rami robusti, scendenti, non spinescenti e getti giovani lungamente pubescenti da giovani, poi nerastri. Foglie a lamina ovata o ellittica (3-4 x 4-7 cm), cuneate e leggermente decorrenti, a margine intero o finemente dentellato all'apice, pubescenti da giovani, poi glabre e lucide superiormente; picciolo breve, tomentoso. Fiori in corimbi, con sepali lanceolati (3 x 7 mm), petali bianchi, obovato-subrotondi (10-13 mm), sepali triangolari-acuminati, stili villosi alla base. Frutto di 3-5 cm di diametro, globoso, giallo-verdastro con punteggiatura rossa, con pedicello lungo come il frutto o più lungo e calice persistente, di sapore astringente, dolce dopo maturazione.
Distribuito in Francia, Europa centrale e centro-orientale, Balcani; spesso coltivato e apprezzato soprattutto per la produzione di sidro. In Italia è molto raro lungo le Prealpi e forse solo inselvatichito. Forma con P. communis l'ibrido Pyrus X salviifolia DC., con la stessa distribuzione di P. nivalis e talvolta coltivato.

Pyrus eleagrifolia Pallas. Cespuglio o piccolo albero con rami spinosi, eretti e robusti, grigio-tomentosi. Foglie lanceolate od ovato-lanceolte, intere o crenulate all'apice, 3,5-8 x 2-3,5 cm, tomentose; picciolo più breve della lamina. Corimbi con fiori numerosi, bianco-tomentosi, subsessili. Sepali lineari-triangolari, petali 10 x 7 mm, ellittici. Stili densamente villosi nella metà inferiore. Frutto di 2-3 cm di diametro, piriforme o globoso; pedicello robusto, fino a 3 cm, con cce persistente.
Balcani, Turchia, sponde del Mar Nero; nettamente xerofilo. Erhardt et al. (2002) distinguono le due varietà elaeagrifolia e kotschyana (Decne.) Boiss.

Pyrus syriaca Boiss. Alberello a chioma globosa, alto al massimo 10 m, con rami spinosi. Rami grigi, bruno-rossastri da giovani, glabri. Foglie oblungo-lanceolate, 3-9 x 1·5-3 cm, serrulate o crenulate, coriacee, glabre e lucide, picciolate. Fiori in corimbo, con sepali pelosi, lanceolati, 5 x 2,5 mm; petali 10-12 mm, ellittico-orbiculari. Frutto da globoso a turbinato, di 3-4 cm di diametro, con pedicello robusto fino a 4 cm e calice persistente.
E' pianta dell'Asia sudoccidentale, talvolta coltivata in Europa e raramente naturalizzata, ad es. in Ungheria.

Tra le altre specie finora non citate, ma probabilmente non coinvolte nella genesi del pero domestico, si ricordano le europee Pyrus cordata Desv. (regioni atlantiche occidentali), P. magyarica Terpó (Ungheria), P. rossica Danilov (Russia centromeridionale), P. caucasica Fedorov (dalla Grecia al Caucaso e Anatolia), P. bourgeana Decne (Penisola Iberica, Marocco), P. austriaca A. Kerner (Europa centrale) e le asiatiche P.serotina e P. ussuriensis. Molte di queste specie vengono sporadicamente coltivate, ma in forme poco diverse da quelle spontanee.

Appartiene a questo genere anche la speciePyrus pyrifolia (Burm. fil.) Nakai var. culta (Makino) Nakai (nashi o pero orientale), coltivata in Oriente e da alcuni anni anche da noi.

La var. Passacrassana, coltivata nel Veneziano fino agli anni '50 del secolo scorso. Dalla Pomologia di Girolamo Molon (Hoepli, 1901).
Figura 3: La var. Passacrassana, coltivata nel Veneziano fino agli anni '50 del secolo scorso. Dalla Pomologia di Girolamo Molon (Hoepli, 1901).

STORIA

I più antichi resti di pere utilizzate per l'alimentazione umana sono i frutti carbonizzati trovati nell'insediamento palafitticolo svizzero di Mondsee, databile tra il 35° e il 20° secolo a. C. Tuttavia, non esistono prove che questi reperti appartengano alla specie coltivata Pyrus communis e non a qualche specie selvatica come P. pyraster.
Qualunque sia stato il principale ancestore del pero coltivato, è certo che i frutti di numerose specie del genere Pyrus vennero raccolti e consumati dalle popolazioni preistoriche. Quando, nel Neolitico, si diffuse il modello agricolo, si aprirono numerose opportunità per la diffusione dei peri selvatici, aprendo la via all'incrocio spontaneo tra specie prima isolate geograficamente o ecologicamente. La domesticazione avvenne quasi sicuramente in numerose aree distinte; è stato osservata anche che la grande diversità nelle radici dei nomi con cui il pero viene indicato nelle lingue indoeuropee (ad es. gr.: ónche, apios; lat. pirus; slav. grusza, hruska; basco udarea, madaria ecc.) testimonia a favore di un'origine politopa (Pignatti, 1982).
Il modello più accreditato per spiegare le prime fasi della domesticazione consiste nella salvaguardia delle piante migliori nel corso delle operazioni di taglio e abbruciamento per ricavare terre adatte all'agricoltura. Ulteriori, probabili meccanismi di miglioramento furono la diffusione di semi di piante "selezionate" assieme ai rifiuti umani e, in tempi più recenti, l'acquisizione della tecnica dell'innesto di marze provenienti dalle piante con le caratteristiche volute su semenzali cresciuti allo scopo o su esemplari selvatici.
Forse ignoto, come pianta coltivata, alla civiltà egizia e a quelle mesopotamiche, il pero comparve in Grecia già in epoca antica; Omero canta la maturazione scalare dei suoi frutti nel favoloso giardino di Alcinoo, nell'isola dei Feaci. Molto apprezzate erano le pere provenienti dal Peloponneso. Teofrasto (300 a. C.) elenca tre varietà propagate per innesto.
In un'epoca circa contemporanea il pero giunse anche in Italia. Plinio, Columella e in minor misura Catone il Censore riportano numerose varietà di pere, tra cui: Alessandrina, Amerina, Ampullacea, Aniciana, Barbarica, Bruzia, Coriolana, Crustumina (o di Crustumerio), Cucurbitina, Decimiana, Dolabelliana, Falerna, Favoniana, Greca, Lateriana o Laterisiana o Lateritana, Laurea, Liceriana, Mirapia, Mulsa, Mustea, Nardina, Neviana, Numantina, Numidiana, Onichina, Ordeacea, Patrizia, Picentina, Pomponiana, Pseudodecimiana, Purpurea, Regia, Sementina, Signina, Siriaca, Superba, Tarantina, Tiberiana, Turraniana, Veneria, Vocima, Volema. I nomi derivano dalla famiglia dei coltivatori o dalle regioni di provenienza, meno frequentemente dalle caratteristiche del frutti stessi o dal periodo di maturazione (l'Ordeacea per la concomitanza con la maturazione dell'orzo). Plinio fornisce anche brevi note descrittive, purtroppo del tutto insufficienti per un confronto con le varietà odierne.

Varietà un tempo molto coltivata nel Veneto, priva di semi (dal greco spadon, castrato). Dalla Pomologia di Girolamo Molon (Hoepli, 1901).
Figura 4: Varietà un tempo molto coltivata nel Veneto, priva di semi (dal greco spadon, castrato). Dalla Pomologia di Girolamo Molon (Hoepli, 1901).

Il numero delle varietà di pere citate dagli Autori latini supera di gran lunga quello delle mele da loro stessi citate e le indicazioni geografiche si riferiscono a località mediamente più meridionali; probabilmente, la maggior termofilia e resistenza alla siccità del pero rispetto al melo rendeva questa pianta più diffusa e soggetta a tentativi di miglioramento nell'antico territorio italico peninsulare. La diffusione e la diversificazione del pero si ampliarono considerevolmente nel corso del Medio Evo e soprattutto nel Rinascimento, in particolare nell'Europa centromeridionale e nelle Isole Britanniche, dove spesso i frutti venivano impiegati per la produzione di sidro. La corte dei Medici, nel '600, poteva vantare un frutteto con non meno di 200 varietà di pere, molte delle quali importate dalle più diverse regioni d'Europa (Sauer, 1993). Le varietà di pera coltivate in passato erano normalmente a polpa soda e acida, quindi piuttosto diverse dalle moderne pere a polpa morbida e dolce. Fu solo attorno al 1800 che gran parte delle moderne cultivar venne stabilizzata e diffusa, in particolare in Francia, Belgio e Inghilterra, dapprima per selezione di semenzali casuali, poi per ibridazioni controllate, di cui si occupò lo stesso Gregor Mendel. Nel Veneto, la coltura della pera (analogamente a quasi tutta la frutticoltura) rimase per secoli quasi allo stato di autoconsumo, limitata ai broli familiari e con scarse concessioni al mercato. La mancanza di una specializzazione colturale è resa evidente anche dal grande numero di varietà coltivate, tra le quali si possono ricordare: Ardìva, Bàrca, Basilicà, Bergamòto, Béssega, Bianchéto, Botóni, Butièro (o Butìra, Butìro), Calsìna, Canalìn, Canèla, Ciùcia, Collostorto, dal Còlo, Dàma, Dàma duro, Decàna, Decàna d'inverno, Fratini, Galletàri, Garsignól o Garzignóla, della Goccia, Gnòco, Guzzi, Invernale o d'Inverno, Madernàssa, Madòna de la Neve, Martìn-séco, Moscàta, Missa, Musón, Passacrassana, Peissa, del Prète, del Pundìn, Rossài, Rùsene (o Rùgine), Saltara, Salvador, de San Martin, de San Matìo, de San Pièro (o Sanperùi, Sanpierói, Sanpieróli, Sanpièri, San Pierói, San Pierólo, Sanpierìn), de Santa Maria Madalena, de Sant'Antonio, Sestàri, Sfes, Spàda, Spìn, Spinacàrpi, Spinacàrta, Sucói, Tardìvi, dela Vàle, del Valentìn, del Vin Bianco, del Vin Nèro, Virgolósi, Vólpe.
Solo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento la pericoltura veneta usciva dal limbo, iniziando a organizzarsi secondo criteri moderni.
Secondo Sormani Moretti (1904), nella seconda metà dell'800 la collina veronese produceva una notevole quantità di pere, che venivano in parte esportate verso paesi esteri fra cui l'Egitto. Lo stesso Autore, nella sua monumentale monografia su "La provincia di Verona", riporta che in quegli anni si raggiungevano produzioni superiori ai 20.000 q con le seguenti varietà, in ordine di maturazione: Prime (o Moscatine), Madame, dalla Calcina, Rossette, Brutte e Bone, Bergamotte, Spadone, Gnocche, Butirre, Fichi, Limoncine, Passatutto, Vergolose, Spine Carpe, Garzignole, Cannelline (o Martin Sec).
Sempre a Verona, risalgono agli anni '20 del '900 i pereti specializzati costituiti da Achille Cogo nella zona di Cadidavid e Buttapietra (Barioni, 2004), sui terreni di origine fluvio-glaciale al margine dell'alta pianura. Successivamente, a partire dagli anni '50, la pericoltura specializzata si estese nella bassa pianura veronese con l'introduzione di forme di allevamento in parete e l'impiego del cotogno come portinnesto in sostituzione del franco.

Anche nel Veneziano orientale le pere vennero massicciamente introdotte tra il 1920 e il 1930. L'introduzione della frutticoltura moderna era guidata da alcune grandi aziende, nate a seguito della bonifica di inizio Novecento. Furono soprattutto i conti Frova e i conti Marzotto, proprietari di grandi poderi nelle Valli Zignago, gli iniziatori di una realtà ancora oggi vitale. Negli anni Cinquanta del Novecento, erano circa 750 gli ettari investiti nel Veneziano nella coltura del pero, con cultivar diverse da quelle attuali (era molto coltivata la Passacrassana). La zona tipica comprende oggi i comuni di Caorle, Ceggia, Cavarzere, Cona, Concordia Sagittaria, Eraclea, Fossalta di Piave, Fossalta di Portogruaro, Jesolo, Marcon, Meolo, Musile di Piave, Noventa di Piave, Portogruaro, Quarto d'Altino, San Donà di Piave, San Michele al Tagliamento, Santo Stino di Livenza, Torre di Mosto, Cavallino-Treporti.
Le varietà più coltivate, sia nel Veronese che nel Veneziano, sono Abate Fétel, Conference, Decana del Comizio, Kaiser, Max Red Bartlett (sinonimo italiano William rossa), Butirra Precoce Morettini, Santa Maria, William.
Un altro distretto veneto in cui la coltura delle pere ha progressivamente assunto una notevole importanza economica è il cosiddetto "Medio Adige", localizzato tra le Province di Padova e Rovigo, con particolare diffusione nei dintorni di Castelbaldo. Le varietà riconosciute dal disciplinare di produzione sono: Abate Fétel, Conference, Decana del Comizio, Dr. J. Guyot, Kaiser Alexander, Max Red Barlett, Butirra Precoce Morettini, Santa Maria e William.

Il pero raffigurato nei Discorsi sopra Dioscoride di Pier Andrea Mattioli (1544).
Figura 4: Il pero raffigurato nei Discorsi sopra Dioscoride di Pier Andrea Mattioli (1544).

BIBLIOGRAFIA

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