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Phaseolus L. sp. pl. Fam. Fabaceae (= Leguminosae)
Al nome di fagioli vengono comunemente associati nel mondo due generi diversi: Phaseolus L., che comprende i fagioli di origine americana, e Vigna Savi, che comprende i fagioli del Vecchio Mondo altrimenti noti come "fagioli dall'occhio", diffusi in Europa prima della scoperta dell'America e della conseguente introduzione del genere Phaseolus. Il primo nome generico e quello volgare derivano entrambi dal latino phaseolus, a sua volta dal greco phaselos (= barchetta), a causa della forma dei legumi che ricordano le sottili chiglie delle navi dell'epoca classica; il nome generico Vigna è stato invece attribuito in onore del botanico pisano del XVII secolo Bartolomeo Vigna.
All'interno di quasi tutte le specie si distinguono numerosissime forme, alcune delle quali vengono coltivate per il seme, altre per il baccello immaturo (fagiolino). Molte specie sono coltivate anche come foraggio o nelle rotazioni agrarie, per arricchire il suolo in azoto sfruttando la simbiosi radicale con i batteri nitrificanti.
Il genere Phaseolus L. comprende 36 specie (Erhardt et al., 2002), originarie dell'America e dell'Australia, solo alcune delle quali coltivate come alimento.
Le specie implicate nella genesi delle moderne varietà coltivate in Europa sono sostanzialmente tre: Phaseolus vulgaris L. (fagiolo comune), Ph. lunatus L. (fagiolo di Lima) e Ph. coccineus L. (fagiolo di Spagna).
Phaseolus vulgaris L. Fagiolo comune. Erba rampicante e volubile a ciclo annuale. Foglie a tre segmenti ovato-acuminati (3-8 x 5-12 cm), ognuno provvisto di stipelle alla base. Fiori in racemi brevi con peduncoli eretto-patenti, di solito appaiati, con corolla papilionacea lunga 1-1,5 cm, verde-giallastra, screziata di rosa o porpora e con vessillo ripiegato all'indietro. Frutto a legume, appiattito, di dimensioni pari a circa 1-2 x 5-15 cm.
Il fagiolo comune venne descritto da Carlo Linneo sulla base di esemplari coltivati in Europa, mentre le forme selvatiche americane (subsp. aboriginus) non vennero scoperti che attorno al 1960. I fagioli selvatici si distinguono da quelli coltivati per alcuni caratteri, tra i quali i baccelli che si aprono improvvisamente lanciando lontani i semi, che sono nettamente più piccoli rispetto a quelli dei fagioli domestici, dotati di una cuticola molto più spessa e impermeabile e con una germinazione fortemente scalare e dilazionata nel tempo. Sono comunque completamente interfertili con le forme coltivate e spesso, nelle zone di crescita, possono formare ibridi che si comportano da infestanti delle stesse coltivazioni (Sauer, 1993).
Le popolazioni di fagiolo selvatico sono state osservate in numerosi punti delle cordigliere occidentali americane, dal Messico all'Argentina. Vivono in stazioni di media-alta montagna, compiendo l'intero ciclo vitale nella stagione umida e superando quella secca sotto forma di seme dormiente. L'ambiente di crescita è diverso nelle varie parti dell'areale: nelle Ande meridionali il fagiolo selvatico cresce all'interno o ai margini di boschi di latifoglie, nelle schiarite e nelle radure, mentre in Messico predilige cespuglieti e formazioni erbose o erboso-arbustive, in condizioni nettamente più xeriche (Sauer, 1993). E' curioso osservare come, in Messico, i fagioli selvatici crescano spesso arrampicandosi al culmo del teosinte (Zea mexicana), il progenitore selvatico del mais, anticipando quella consociazione fagiolo-mais che caratterizzerà l'agricoltura familiare nel Veneto.
Phaseolus coccineus L. Fagiolo di Spagna, fagiolo rosso americano. Erba rampicante e volubile a ciclo annuale. Foglie a tre segmenti ovato-acuminati (3-8 x 5-12 cm), provvisti di stipelle alla base. Fiori in racemi lunghi 20-30 cm, numerosi, riuniti in verticilli irregolari; corolla papilionacea, rossa o bianca, lunga 1,5-3 cm. Frutto di tipo legume, ispido, poi glabrescente e scabro a maturità. Semi grandi, reniformi, rosei marmorizzati di bruno (anche bianchi o neri nelle varietà orticole). Originario del Messico e dell'America centrale.
Phaseolus lunatus L. Fagiolo di Lima. Erba rampicante e volubile a ciclo annuale, alto 3-5 metri. Foglie alterne, stipolate, trifogliolate, con segmenti ovato-triangolari, piuttosto stretti e allungati, con lamina scabra. Fiori a corolla papilionacea, piccoli, giallo-verdastri, riuniti in numerosi racemi allungati ed eretti. Semi appiattiti, reniformi, simili a quelli di Ph. coccineus.
Le forme selvatiche si trovano in America centrale (particolarmente in Guatemala), lungo la costa pacifica del Messico, nelle isole dei Caraibi; non è certa invece la loro presenza lungo la Cordigliera Andina, in particolare in Perù, dove venivano invece diffusamente coltivati. Gli antenati selvatici del fagiolo di Lima si distinguono dalle forme coltivate per i semi di minor dimensione ma con un'elevatissima concentrazione di glucosidi, che liberano acido cianidrico se masticati; per questo motivo non sono solitamente considerati commestibili, anche se possono essere detossificati con una prolungata bollitura.
La coltivazione dei fagioli in Europa è praticata fin dall'antichità, benché siano cambiate nel tempo le specie oggetto di coltura. Nell'area mediterranea, la più antica pianta indicata con questo nome è quella che oggi si indica come "fagiolo dall'occhio" (Vigna unguiculata), verosimilmente originaria dell'Africa subsahariana e così chiamata in virtù dell'anello nero attorno all'ilo del seme.
La coltura dei fagioli cosiddetti "moderni" (genere Phaseolus) ebbe invece inizio in America, dal Perù alla California, ad opera delle tribù precolombiane. Le prime evidenze archeologiche della coltivazione di questo legume vengono quasi contemporaneamente sia dal Perù (5500 a. C.) che dal Messico (circa 5000 a. C.), mentre la diffusione della coltura nelle rimanenti aree adatte dei due subcontinenti si completò solo circa 2000 anni fa. L'analisi elettroforetica delle faseoline, le principali proteine di riserva dei semi, dimostra che la domesticazione del fagiolo comune avvenne contemporaneamente in più regioni (Gepts et al., 1986).
Il fagiolo di Lima, originario delle regioni tropicali dell'America centrale, risulta coltivato in Perù più o meno a partire dallo stesso periodo del fagiolo comune. Vasi contenenti fagioli di Lima essiccati sono stati trovati in Perù in sepolture pre-incaiche (McGee, 1989). La prima selezione ad opera delle popolazioni native dovette consistere nella riduzione della concentrazione di glucosidi cianogenici, fortemente tossici. Inoltre, fu necessario eliminare la risposta fotoperiodica, che nelle forme selvatiche non permette la fioritura prima dell'equinozio di autunno, impedendo di fatto la maturazione alle latitudini temperate (Sauer, 1993).
Nonostante l'antichità della loro coltura, i fagioli non assunsero la ben nota importanza nella dieta indiano-americana se non nel 1° millennio a. C. o addirittura, soprattutto nel subcontinente settentrionale, oltre l'anno Mille. La tipica associazione tra fagioli e mais, che è ancor oggi alla base dell'alimentazione di una cospicua parte dell'America latina, divenne la base alimentare delle popolazioni americane non molti secoli prima del viaggio di Colombo (Sauer, 1993).
La pianta del fagiolo comune venne osservata quasi ovunque e da quasi tutti i primi esploratori del Nuovo Mondo. Cristoforo Colombo la vide già nel corso del suo secondo viaggio a Cuba; venne poi ritrovata da Alvaro Nuñez Cabeza de Vaca in Florida nel 1529, da Jacques Cartier nel Delta del San Lorenzo nel 1535, da Hernando de Soto nel Delta del Mississippi nel 1539, ecc. Le prime importazioni in Europa furono quindi caratterizzate da uno spettro varietale già ampio, anche perché le stesse miscele utilizzate dagli indigeni per le semine mostravano una grande variabilità nella forma e nel colore dei semi. Questa caratteristica, ancora oggi in uso dove la raccolta viene effettuata manualmente, ha lo scopo di rendere più flessibile la coltura del legume, rendendo scalare il momento di germinazione e quello di maturazione e aumentando le possibilità di adattamento alle variabili condizioni ambientali (Sauer, 1993).
La diffusione del nuovo legume in Europa fu straordinariamente rapida. In Italia le prime notizie di coltivazione sperimentale risalgono al 1528-29, in Francia al 1533-35, nella Germania meridionale al 1539. La diffusione del fagiolo in Italia fu patrocinata personalmente da Papa Clemente VII, al secolo Giulio de' Medici, che ne promosse la coltivazione dapprima negli Orti Vaticani, quindi in tutto lo Stato Pontificio, in particolare in Toscana. Secondo la tradizione, nel 1529 lo stesso Papa Clemente VII avrebbe donato un sacco di sementi, provenienti dalla corte spagnola di Carlo V, al canonico bellunese Pietro Valeriano, al secolo Giovan Pietro Dalle Fosse, umanista con interessi di botanica e protetto dal Doge Andrea Gritti (Piola Caselli, 1995). Questo primo sacco diede il via alla diffusione del nuovo fagiolo nel Veneto e in particolare nel Bellunese, che rimane ancor oggi una delle aree produttive più importanti e tradizionali. E' forse più di una coincidenza il fatto che le due principali varietà di fagioli coltivate a Lamon si chiamano oggi Spagnol e Spagnolet.
Già nel 1550 i nuovi fagioli erano coltivati in tutta la Pianura Padana, dove si diffusero soprattutto perché erano in grado di inserirsi ottimamente nelle consociazioni e nei cicli produttivi locali. Permettevano un raccolto supplementare ricavabile dallo stesso appezzamento, ad esempio facendo crescere le piante di fagiolo arrampicate sui culmi del mais o tra i filari dei vigneti.
I nuovi fagioli americani non sfuggirono agli studiosi di botanica e agronomia dell'epoca. Il grande medico e botanico Pier Andrea Mattioli (Commentarii in sex libros Pedacii Dioscoridis…, 1544), soffermandosi sulle vere o presunte proprietà medicinali dei nuovi legumi, notava come essi fossero già "a tutta Italia volgari, et se ne ritrovano di più sorti, cioè di bianchi, di rossi di gialli et di punticchiati di diversi colori". Alla fine dello stesso secolo (1591) risale anche la prima precisa testimonianza della presenza in Europa del fagiolo di Lima, grazie ai disegni del tedesco Lobel. Infine, a completare il quadro delle specie, nel 1633 l'inglese John Tradescant introdusse in Europa, precisamente nell'Orto Botanico di South-Lambeth, il fagiolo di Spagna (Phaseolus coccineus), anch'esso all'origine di alcune delle moderne varietà. Il fagiolo di Spagna fu inizialmente coltivato solo per scopi ornamentali, grazie alla bellezza dei fiori, e dovette passare più di un secolo perché anche alcune varietà di questa specie venissero coltivate per uso alimentare.
Nonostante la qualità delle piante americane fosse innegabilmente migliore rispetto a quelle precedentemente coltivate, esse non sostituirono subito né completamente quelle vecchie, soprattutto nelle piccole aziende contadine che autoproducevano il seme. Il famoso dipinto Il mangiatore di fagioli di Annibale Carracci (1540-1609) raffigura un contadino nell'atto di cibarsi con una ciotola di fagioli dall'occhio, non dei nuovi fagioli americani. Il significato del quadro è comunque chiaro: il fagiolo rimaneva un cibo per i poveri, come nell'antica Roma. E' emblematico, a questo proposito, l'epitaffio di Bertoldo: "Fu grato al re; morì con aspri duoli / per non poter mangiar rape e fagioli": alimenti sani ma rudi, contrapposti alle vivande gentili e delicate che il furbo villano era costretto a mangiare alla corte del Re Alboino (G. C. Croce, Bertoldo, 1606).
Un'altra circostanza che rallentò l'introduzione del fagiolo in Europa fu la diffusa credenza che voleva il prodotto secco scarsamente digeribile. Tale credenza non era del tutto ingiustificata, vista la significativa presenza di glucosidi cianogenici, in particolare nel fagiolo di Lima. Anche nei confronti delle altre leguminose da seme (fave, ceci, lenticchie, cicerchie, piselli, lupini) il fagiolo americano non ebbe inizialmente vita facile. Per la diffusione massiccia come cibo si dovettero aspettare alcuni secoli, ma nel '700 i fagioli erano i legumi più consumati in Spagna e in Olanda. In Francia la diffusione fu ancora più lenta, ma anche lì nell'800 i fagioli divennero il legume più coltivato (McGee, 1989).
In Italia, i fagioli rimasero subordinati a ceci e fave fino al '600, ma tra il '700 e l'800 ebbero una tale espansione da soppiantare quasi completamente gli altri legumi (Piola Caselli, 1995). La diffusione anche tra gli strati meno poveri della popolazione è testimoniata anche da una maggiore attenzione alla selezione varietale: nel 1700 erano già famosi i fagioli del Feltrino, la cui coltura sostituì rapidamente quella tradizionale dei piselli, in particolare nella piana di Lamon. A metà Ottocento i produttori di fagioli del Feltrino potevano dar vita a una corrente di esportazione che interessava circa i due terzi del prodotto, mentre dovevano essere in gran parte importati i prodotti animali (Bellati, 1869). I fagioli erano quindi diventati il vero motore dell'economia agricola locale.
Nel secolo scorso, nel Veneto erano coltivate numerose varietà, tra cui Blu, Borlotto, Carne, del Diavolo o Diavolóni, Fasóla, Gialèt (o Solferino, Sanpietrino, Fasol biso), Gnòchi, de Lamon (ulteriormente distinto nelle altre varietà che verranno citate), Madrìna, Mama, da l'òjo, da l'òro, del Papa, de Pósina, Scalda o Scaldafèro, Scarpari (fagioli da seme), Cornéte o téghe Cornéte, Slandróne, Stringhe (fagiolini da baccello).
Attualmente, sono cinque le produzioni regionali che vantano un attestato di tipicità: il "Fagiolo di Lamon" (anticamente noto anche come "Fagiolo del Feltrino"), il fagiolo Scalda e la Fasóla posenàta di Posina (VI), il Borlotto nano di Levada e il fagiolino "Meraviglia di Venezia", tutti classificati "Prodotti agroalimentari tradizionali" ad eccezione del Lamon che vanta l'Indicazione geografica protetta (I.G.P.) con Regolamento CEE n. 1263 del 1 settembre 1996.
L'area di produzione del Fagiolo di Lamon è prodotto in un territorio della Provincia di Belluno comprendente Alano di Piave, Arsiè, Belluno, Cesiomaggiore, Feltre, Fonzaso, Lamon, Lentiai, Limana, Mel, Pedavena, Ponte nelle Alpi, Quero, Santa Giustina Bellunese, San Gregorio, Sedico, Seren del Grappa, Sospirolo, Sovramonte, Trichiana, Vas. Le varietà coltivate sono sostanzialmente quattro: Spagnol, ovoidale e con striature rosse; Spagnolet, più piccolo, tondeggiante, bianco crema con striature rosse e buccia molto sottile e tenera; Calonega, il più grande, con seme a barchetta; Canalino, aromatico ma in via di scomparsa per la buccia considerata eccessivamente spessa e dura.
A Posina (VI) i fagioli risultano coltivati almeno dal 18° Secolo e nel 1936 vennero reputati tra i migliori d'Italia ("Il fagiolo", XIV anno fascista, Biblioteca per l'Insegnamento Agrario Professionale). Al paragrafo "Razze più importanti" si parla del Fagiolo di Valsesia, sinonimizzato con quello "di Posena" e considerato assieme al Borlotto di Vigevano (sinonimizzato col Lamon) "il fagiolo più quotato in commercio". La dicitura "Prodotto tipico" riguarda sia la var. Scalda, appartenente a Ph. vulgaris, che la cosiddetta Fasóla posenàta, cultivar appartenente alla specie Phaseolus coccineus, con raccolta più tardiva (tra settembre e ottobre). Quest'ultima è una varietà molto vigorosa di fagiolo di Spagna (Ph. coccineus), con seme di colore rosso vinoso punteggiato di nero (da cui il nome di Fasóla del Diavolo) e ilo bianco cerchiato di marrone. Anche i fagioli di Posina sono coltivati tradizionalmente in consociazione col mais, utilizzandone i culmi come sostegno, oppure in strisce alternate a mais e patate (Di Lorenzo et al., 2001).
Il Borlotto nano di Levada è prodotto in un piccolo territorio della fascia pedemontana della provincia di Treviso (Cavaso del Tomba, Cornuda, Crocetta del Montello, Pederobba, Possagno) ed è commercializzato sia fresco che secco. Le prime notizie circa la coltivazione di questa varietà, in file intercalari al mais o tra i filari dei vigneti, risalgono al primo Novecento. La produzione annuale è forzatamente piuttosto modesta, data la ristrettezza dell'area di produzione.
Infine, il fagiolino Meraviglia di Venezia ("Marconi gialli") è coltivato lungo il litorale della Laguna Nord tra Venezia e Bibione, in particolare nel territorio di Treporti-Cavallino, e inoltre nel primo entroterra a Mira e Campagna Lupia. E' caratterizzato dai baccelli larghi, gialli e molto teneri; si riconoscono le due varietà Rampicante e Nano. La diffusa presenza di questo legume nell'orticoltura locale è testimoniata almeno dal primo '800.
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