Sinonimi: Trebbiano di Lugana, Trebbiano di Lonigo, Trebbiano veronese, Trebbiano verde, Verdicchio bianco, Verdicchio verde, Verdicchio marchigiano, Verdicchio giallo, Verdicchio peloso, Verdone, Turbiano, Turviana.
Vitigno ad uva bianca, il Trebbiano di Soave è coltivato da secoli nelle province di Verona, Brescia, Mantova (con un baricentro lungo le sponde meridionali del Garda), Vicenza (Colli Berici) con diversi biotipi e denominazioni (Torbiano, Trebbiano, Turbiana, Trebbiano di Lugana, Trebbiano di Verona, Trebbiano di Lonigo…). È inoltre presente a Latina e a Roma. Molon (1906) riconobbe la sostanziale differenza tra l’omonimo vitigno toscano e il Trebbiano veronese, che recentemente è stato dimostrato invece essere identico al Verdicchio (1991: Calò A., Costacurta A., Cancellier S., Forti R.: Verdicchio bianco, Trebbiano di Soave: un unico vitigno. Vignevini, 11: 49-52).
L’origine del Verdicchio, e quindi del Trebbiano di Soave, è tuttora in discussione. Secondo l’ipotesi del prof. Nigrisoli di Fermo (1875) sarebbe il discendente dell’uva aminnea citata da Colomella (De Re Rustica). La prima citazione comparirebbe in Bacci (1596), nel capitolo sulla descrizione dei vini piceni, anche se per alcuni autori il Verdicchio era coltivato tra Jesi e Matelica già dall’VIII secolo (Pollini, 2006). Tuttavia, è oggi più accreditata un’altra ipotesi, basata sulla documentata migrazione, avvenuta nel Quattrocento, di agricoltori veronesi nelle Marche, parzialmente spopolate dalla peste. I veneti avrebbero portato con loro barbatelle delle loro viti (Pollini, 2006) che sarebbero quindi originarie proprio del Veneto. L’antichità della separazione sembra in grado di giustificare le marcate differenze olfattive tra Trebbiano di Soave e Verdicchio, al di là della dimostrata identità genetica (Pollini, 2006).
Ben più antiche sono le citazioni del Trebbiano, anche se è impossibile identificare correttamente la varietà sulla base del solo nome. Limitandosi al Veneto, nella Venezia del XIII secolo il Trebbiano (Turbianum, tribianum, terbianum) di produzione locale veniva ampiamente commercializzato. Molto quotato era anche un altro Trebbiano di produzione istriana (Pisino).
Agostino Gallo (1540) citò le viti Trebbiane bianche, da usare in associazione alle Vernaccie nere, indicandole tra le migliori per vino e anche per rinforzare vini deboli.
Alessandro Peccana (1627) citò tra i vini veronesi il Trebiano, considerato piuttosto robusto e adatto alla conservazione.
Francesco Dalla Negra (1811) indicò che nel Vicentino occidentale la Turbiana era la più considerata tra le uve delicate e che con essa, mescolata a Marzemina e Garganega, si produceva un vino impropriamente chiamato Piccolit.
Il Catalogo delle varietà di viti del Regno Veneto, redatto dal Conte Pietro di Maniago dopo il 1823, comprende la Torbiana o Turbian. Pollini (1824) indicò una Torbiana o Turbiana o Trebbiano Veronese, coltivato in tutta la provincia scaligera, considerandolo erroneamente analogo ai Trebbiani toscano e romano. Acerbi (1825) riprende Pollini, citando nel Veronese una Torbiana o Turbiana o Terbiana che “coltivasi in ogni parte della provincia. È fertile ogni anno, ed è la migliore a far vino santo, mescolata ad altre”. Esisteva anche una Torbiana zentil, a bacche dorate e molto dolci. Oltre al Veronese, un Turbian bianco era coltivato anche nel Polesine. La Torbiana (o Trebbiano di Soave o di Lugana) venne elencata da Zantedeschi (1862) tra le varietà coltivate nel Veronese. Nel 1878 la Trebbiana risultava coltivata anche sui Colli Euganei nelle zone di Este, Monselice e Montagnana (Maddalozzo G., 1983).
Nel 1900 la Trebbiana era coltivata nei distretti veronesi del Baldo e del basso Garda, dove non era però molto diffusa perché l’area era considerata più adatta ai vini rossi, e in quelli di Soave e Monteforte (Perez, 1900).
Nel primo dopoguerra il Trebbiano venne consigliato per la zona collinare delle province di Vicenza e Verona (Dalmasso, Cosmo, Dall’Olio, 1931), mentre nel secondo dopoguerra Cosmo (1947-49) raccomandò il Trebbiano di Soave soprattutto per i colli di Soave e del basso Garda. Nel 1950 Montanari e Ceccarelli, ricordando il Trebbiano tra i vitigni presenti nel Vicentino e nei colli di Soave (Trebbiano veronese), ne raccomandarono la coltivazione, ma solo nella provincia scaligera, in particolare in Val d’Adige, a Soave e a Roncà.
I regolamenti CEE 2005/70 e 3800/81 tornarono a raccomandare il Trebbiano di Soave per entrambe le province di Verona e Vicenza.
Sulla base della distinzione dal Trebbiano toscano proposta da Molon (1906) e confermata da Cosmo (1965) il Trebbiano di Soave venne iscritto nel 1970 al Registro Nazionale delle Varietà di Vite come varietà distinta, poi venne riunita al Verdicchio nel più recente catalogo del 1999.
Rientra nelle DOC Colli Berici, Lugana, Recioto di Soave, oltre che Capriano del Colle, Castelli Romani, Colli Albani, Garda Colli Mantovani e Marino, oltre, naturalmente, a tutte quelle in cui compare col nome di Verdicchio. È invece caduta in disuso, a vantaggio della Garganega, nella produzione del Soave, a causa della diversa epoca di maturazione che costringeva gli agricoltori a vendemmie differenziate (Pollini, 2006).
Col nome di Verdicchio, il vitigno è attualmente diffuso e raccomandato nelle Marche, in Abruzzo, Umbria e Lazio e autorizzato in Toscana e Sardegna. Le piccole differenze tra le singole varietà locali rientrano nella normale variabilità di una varietà antica, diffusa e ricca di biotipi.
ACERBI G., 1825 – Delle viti italiane… G. Silvestri, Milano.
BACCI A., 1596 – De naturali vinorum historia. De vinis Italiae et de conviviis antiquorum.
CALÒ A., COSTACURTA A., CANCELLIER S., FORTI R., 1991 – Verdicchio bianco, Trebbiano di Soave: un unico vitigno. Vignevini, 11: 49-52.
COSMO I., 1947-49 – Indagine sulla viticoltura e l’enologia delle Venezie. Ann. Staz. Sperim. Vitic. Enol. Conegliano, v. 13.
DALLA NEGRA F., 1811 – Dell’agricoltura nel Cantone di Arzignano e della parte montuosa della provincia di Vicenza. Ann. Agric. Regno d’Italia, t. 11.
DALMASSO G., COSMO I., DELL’OLIO G., 1931 – L’indirizzo viticolo per le province Venete. Ann. R. Staz. Sperim. Vitic. Enol. Conegliano, a. 3, fasc. 2.
GALLO A., 1540 - Vinti giornate d'agricoltura di M. Agostino Gallo nobile bresciano: le quali tratta del piacere & utile della villa: con nuova aggionta in fine della xiij giornata di diversi rimedij in proposito d'animali et le figure de gli stromenti appartenenti ad un perfetto agricoltore poste nel fine: postovi di nuovo alcuni proverbi rurali, con due tavole copiosissime: una delle dichiarationi di molti vocaboli bresciani, & l'altra delle cose più notabili, che nell'opera sono sparse. Venezia.
MADDALOZZO G., 1878 – La bassa Padovana occidentale: usura e pellagra. In Lazzarini A., 1983 – Contadini e agricoltura. L’inchiesta Jacini nel Veneto. Franco Angeli, Milano.
MANIAGO, P., conte di, 1823 – Catalogo delle viti del Regno Veneto.
MOLON G., 1906 – Ampelografia. Hoepli, Milano.
MONTANARI V., CECCARELLI G., 1950 - La viticoltura e l’enologia nelle Tre Venezie, Longo e Zoppelli, Treviso.
PECCANA A., 1627 – De’ problemi del bever freddo. A. Tamo, Verona.
PEREZ G. B., 1900 – La provincia di Verona ed i suoi vini. Tip. Franchini, Verona.
POLLINI C., 1824 – Osservazioni agrarie per l’anno 1818. Mem. Acc. Agr. Sc. Lett. Verona, 10.
POLLINI L., 2006: Viaggio attraverso i vitigni autoctoni italiani. Alsaba ed.
ZANTEDESCHI F., 1862 – Meteorologia italica. Mem. Acc. Agr., Verona, 40.